top of page

La Stupidità al Potere

STUPIDITÀ, dice il vocabolario Treccani, significa “Stato di torpore, insensibilità e sbalordimento…” ma anche, più comunemente, “Scarsità o mancanza d’intelligenza…” E ancora, “Detto, azione, comportamento non intelligente…” 

Gustave Flaubert, un normanno carnoso, epilettico e incazzato è un genio della letteratura. Arrivato a cinquant’anni, esplode, dentro di lui, un urlo: “Siamo immolati agli stupidi!” Decide allora di fare della Stupidità (intesa in tutti e tre le sfumature segnalate dal Treccani) il suo nemico numero uno. 
Si prepara a scrivere un romanzo che s’intitola con i cognomi dei due protagonisti: Bouvard et Pécuchet. 
Sto pensando un libro...” scrive Flaubert, “...in cui sputerò fuori tutta la mia bile.” Lo lavora con una dedizione totale, assoluta. E dichiara: “Mi sento sommerso dall’onda di stupidità che ricopre la Francia, dall’inondazione di cretinismo sotto cui scompare. E provo il terrore dei contemporanei di Noè, quando vedevano che il mare continuava a salire (...) Provo, contro la stupidità del mio tempo, ondate di odio che mi soffocano. Mi sale la merda alla bocca, come nelle ernie strozzate. Ma voglio conservarla, farla rapprendere, farla indurire. Voglio farne una pasta con cui imbratterò il mio secolo come si dorano di sterco di vacca le pagode indiane (...) Oh, Santo Dio! Bisogna irrigidirsi e smerdare l'umanità che ci getta addosso merda! Oh! Mi vendicherò! Certo che mi vendicherò! Sarà un grande romanzo moderno...
Vuole lasciare ai posteri un libro disturbante, folle, un monumento alla Stupidità. Ci ha pensato per gran parte della sua vita. Ma già a 10 anni scriveva: “C’è una signora che viene spesso a trovarci e racconta delle stupidaggini. Le voglio trascrivere”.

Lavora a quest’opera per otto anni e muore, senza averla terminata. Ma non si arrende; non ascolta il monito di Shiller: “Contro la stupidità, anche gli dei lottano invano.
Molte notti, si dimentica di andare a dormire perché deve perfezionare una frase che ha scritto e riscritto. Le parole non suonano mai abbastanza bene per lui, la costruzione non è mai abbastanza perfetta. Lavora alla luce della lanterna come un minatore con il suo piccone, alla caccia di gemme che non è per niente sicuro di trovare. I suoi capelli lucidi scoperchiano una fronte immensa. La finestra della sua stanza è spalancata, fuori è sotto zero, lui è in maniche di camicia e gronda sudore. A furia di leggere e scrivere si è rovinato la vista. Per realizzare il suo romanzo ha raccolto, appuntato e studiato migliaia di volumi. Wilkipedia non c’è ancora ma, anche se ci fosse, non gli basterebbe. 
Flaubert è convito che nel suo tempo si stia assistendo alla morte dell’intelligenza, della vera conoscenza, della bellezza, di ogni cosa grande. Tutto gli sembra finire in un pantano dilagante di idee precotte, di false opinioni, di false notizie, di false verità, di opinioni sbraitate da chi non è in grado di avere opinioni e così via verso un gigantesco sciocchezzaio che domina e incretinisce la vita di tutti.
Rileggere oggi questo libro, è un'esperienza terribile. Nel disperato tentativo del grande narratore francese di ritrarre la stupidità del mondo che lo circonda c'è la nostra condizione di spettatori attoniti dell'ignoranza dilagante e infestante fatta metodo e sistema della comunicazione contemporanea. 

Il libro è stato definito “una pretesa di divina Commedia alla rovescia”. Un capolavoro incompiuto, una leggenda. Per alcuni -che non vogliono vedere- si tratta di “una pazzia stonata”.
Il fatto è che questo scrittore, oltre 140 anni fa, ci ha lanciato un messaggio terrorizzato, un urlo letterario: tutto, ma proprio tutto, sta sprofondando nella Stupidità. 

Lo storico Harari, nostro contemporaneo, crede che “In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere.” Umilmente ribatto che l’alluvione non è quello delle idee irrilevanti (inutili e innocue) ma delle idee false e tossiche vestite di verità (produttive e malefiche). Aggiungo che la lucidità non dà il potere e soprattutto, ahinoi, non sta al potere. Il potere è seduto sul trono di una Comunicazione che sempre di più è tutto tranne che lucida e benefica. È armata delle bombe dell’Ignoranza e del Falso, pilastri della Stupidità.

I due uomini qualunque protagonisti del romanzo di Flaubert si imbarcano con entusiasmo in infiniti viaggi alla ricerca del vero e del giusto, dovunque, in tutti i campi della scienza e della vita. Sono avventure che si risolvono nella confusione, nella delusione, nel più totale scoraggiamento: la verità cercata e trovata non è la verità ma una sua stupida messa in scena, il suo fallimento. I due anti-eroi sono simpatici modelli, loro stessi, della Stupidità. Sono i Chisciotte e Sancio del tempo moderno.

Un romanzo rivoluzionario. “Devo finirlo prima di crepare o nell’attesa di crepare!”  dice Flaubert. Non farà in tempo.
Aveva subìto un processo per immoralità per Madame Bovary. “Ora...” dice divertito, “...per questo libro mi farò cacciare dalla Francia e dall’Europa”.
Flaubert riesce in un’impresa letterariamente eroica. Trasforma un libro repulsivo -nel senso proprio del re-pellere, cacciare indietro, buttare fuori, via, vomitare- in un’opera d’arte elaborata, elaboratissima. Non a caso confessa: “La mia è una povera vita, così piatta e tranquilla, dove le frasi sono un'avventura”; con due corollari: “Lavoro a finire la frase” e “La frase non finisce mai”. 
Per una simile furiosa ricerca di stile, Flaubert è stato definito l'ultimo scrittore classico, ma poiché questo lavoro è smisurato, vertiginoso, nevrotico, provocatorio, diviene il primo scrittore della modernità.

I due simpatici idioti protagonisti del romanzo sguazzano nel fango delle false notizie, dei falsi dogmi, delle false comunicazioni, delle false teorie, in tutto quello che è stato loro offerto come “la verità” e che alla fine scoprono essere “menzogna”. 
Ma quei due siamo noi!

In Bouvard et Pécuchet...” è stato detto, “...la questione della verità e dell’obbiettività svela abissi di interrogativi sull’arbitrarietà del linguaggio e sui nomi da dare alle cose, sulla storicità dei saperi, sulla circolazione dei pregiudizi, sul realismo, sulle verità e sul relativismo. L’opera, incompiuta, esplosiva, lascia tutte queste questioni aperte. Non le risolve”. 
E ci credo, come potrebbe?

Flaubert dice che il suo tempo è “il tempo degli asini”.
A proposito di “asini” (non dei poveri quadrupedi da soma, ma nell’accezione simbolica dell’ignoranza, della zotichezza e della caparbietà) ne ha parlato Benedetto Croce: “Il pericolo degli ignoranti che teorizzano, giudicano, sentenziano, che fanno scorrere fiumi di spropositi, che mettono in giro formule senza senso, che credono di possedere nella loro ignoranza stessa una miracolosa sapienza, lo conosciamo perché lo abbiamo sperimentato bene. Si è chiamato, nella sua forma più recente, «fascismo». Io ho pensato di denominarlo in greco: onagrocrazia.
Ecco: “gli asini al potere”.

Oggi, “gli asini” dispongono di mezzi di comunicazione e influenza ben più potenti e universali di quelli che Flaubert combatteva al suo tempo o a cui si riferiva, nel suo tempo, Benedetto Croce. L’avidissimo e violentissimo homo sapiens, grazie alla sua straordinaria capacità di sviluppare la tecnologia, può diffondere globalmente idee false e tossiche vestite di verità e accettate come verità.  Più di cinquant’anni fa, Ennio Flaiano scriveva già “La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé.” Cosa direbbe dei mezzi di oggi? Oggi, gli “onagrocrati” hanno mezzi infinitamente più sofisticati per giustificare ai loro popoli guerre, ingiustizie, stermini, carestie, distruzione dell’ambiente. Li trascinano (ci trascinano), come nel dipinto di Bruegel, (poveri ciechi guidati da un cieco) verso un abisso, il futuro. 

bottom of page